La Sindrome da Burn-out

La Sindrome da Burn-out

Il fenomeno del burn-out (dall’inglese “bruciarsi, cortocircuitare”) indica una particolare forma di risposta a determinate condizioni di stress (Walsh, 1987). La sua insorgenza è infatti legata ad un insuccesso nel processo di adattamento a specifici stressors, accompagnato da un malfunzionamento cronico. Esso si configura come un processo in cui lo stress si converte in meccanismo di difesa che l’individuo mette in atto per fronteggiare situazioni particolarmente intense che si verificano soprattutto nel contesto di determinate professioni. L’insieme di caratteristiche che confluiscono in questo specifico pattern assumono la forma di un generale disadattamento emozionale, che si manifesta soprattutto nelle professioni d’aiuto caratterizzate da un continuo contatto con la gente, le cosiddette “Helping Professions1. In tal senso, esso può essere considerato un particolare tipo di stress occupazionale, caratterizzato dal fatto che lo stress deriva dall’interazione fra l’operatore e il destinatario dell’aiuto.

In letteratura il termine fu identificato inizialmente da Freudenberger (1974), il quale, rifacendosi al Webster’s Collegiate Dictionary, definisce il burn-out come “fallire, logorarsi, esaurirsi per eccessiva richiesta di energia, forza e risorse”. In questa prima accezione il termine veniva dunque utilizzato per descrivere un quadro sintomatologico caratterizzato da affaticamento, logoramento ed insoddisfazione. Nel 1980 Edelwick e Brodsky definiscono il burn-out come la condizione in cui l’operatore delle professioni d’aiuto manifesta atteggiamenti rigidi e distruttivi a causa della perdita dello slancio motivazionale che prima lo spingeva a rispondere in modo più efficace possibile alle richieste dell’utenza; un anno dopo, Pines e Aronson ampliano il quadro sintomatologico affermando che il burn-out non solo suscita un sentimento d’impotenza ma favorisce lo sviluppo di un concetto negativo di sé e del proprio lavoro fino a condurre all’esaurimento fisico, e Contessa (1981) parla dell’operatore in burn-out come “cortocircuitato”, indicando quei lavoratori che dopo un intenso contatto emotivo con le persone arrivano ad esaurirsi. Poco più tardi Cherniss (1983) definisce il burn-out come una malattia da eccesso d’impegno, per cui il soggetto per porre rimedio a tale condizione perde interesse, entusiasmo e senso di responsabilità per la propria attività, mentre Mc Dermott (1984) afferma che il termine deriva dal gergo utilizzato negli anni ’60 dai tossicodipendenti ed indica la condizione di chi abusa di stupefacenti e si sente bruciato dal loro consumo. Del Rio (1989) afferma che il burn-out è una sindrome che coinvolge aspetti psicologici, somatici e comportamentali e deriva non tanto dal contatto con l’utenza quanto dal rapporto affettivamente significativo che si instaura con la gente e che si riflette sullo stato emotivo dell’operatore, mentre più recentemente Maslach (1992) ne ha ulteriormente dettagliato le caratteristiche definendolo come “sindrome di esaurimento emotivo, di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità personali che può presentarsi in soggetti i quali, per professione, si occupano della gente” (tra l’altro, l’espressione “Burn-out Syndrome” è stata utilizzata per la prima volta dalla stessa Maslach nel 1977 nel Convegno annuale dell’APA). Nel panorama italiano, infine, Rossati e Magro (1999) definiscono il burn-out come una situazione che viene percepita dall’individuo come psicologicamente intollerabile, derivante da un forte squilibrio tra le risorse disponibili, l’organizzazione del lavoro, la richiesta dell’utenza e la sua reale capacità di farvi fronte.

Per ciò che attiene alle cause che portano all’insorgere del fenomeno, Cherniss ritiene che si debbano considerare contemporaneamente tre livelli di analisi e cercare le possibili relazioni esistenti tra di essi:

    • Fattori individuali: le persone rispondono in maniera diversa allo stress in relazione a differenti fattori quali caratteristiche di personalità, fattori socio-demografici, motivazione individuale, idealizzazione del lavoro;
    • Struttura organizzativa: alcune problematiche connesse all’organizzazione del lavoro (quali struttura di ruolo, struttura di potere e struttura normativa) e gli effetti che essa produce sulla concezione della professione creano le condizioni favorevoli per lo sviluppo del burn-out;
    • Fattori culturali: il burn-out può derivare anche da fattori storico-sociali che, secondo alcuni studiosi2, devono essere considerati addirittura come la componente più importante nella genesi della sindrome.

La sintomatologia che caratterizza questa sindrome è varia e ne dimostra la molteplicità degli aspetti problematici, poiché a disagi di tipo fisico (senso di esaurimento e fatica, mal di testa, disturbi gastrointestinali, insonnia, respiro corto, raffreddori e influenze, perdita di peso) si affiancano disturbi di tipo psicologico (isolamento, negativismo, senso di colpa, rigidità, paranoia, alterazione dell’umore, perdita dell’ideale). Attualmente esistono diversi strumenti standardizzati che misurano e valutano negli individui la presenza ed il grado delle diverse dimensioni in cui si articola il burn-out, e che possono essere usati per comprendere come le persone vivano il loro lavoro.

 

 

Note

1 Con il termine “Helping Professions”, gli studiosi fanno riferimento a professioni che implicano uno stretto contatto tra operatore e utente, che richiedono la presenza costante dell’operatore e presuppongono un coinvolgimento emotivo forte, dello stesso, alle problematiche dell’utente.

2 Maslach e Leiter (2000) hanno sottolineato come i cambiamenti economici e sociali avvenuti negli ultimi anni nei paesi occidentali a tecnologia avanzata abbiano portato allo sviluppo di condizioni che molto probabilmente causano l’insorgenza del burn-out.

 

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