Potere e Leadership
Il potere rappresenta un concetto fondamentale nell’ambito della Psicologia delle Organizzazioni ed è stato definito in molti modi, ad esempio come controllo sulle risorse, come tratto di personalità, come probabilità che un attore sia in una posizione tale da far valere la propria volontà, oppure semplicemente come abilità di ottenere qualcosa o produrre gli effetti desiderati. In quanto partecipi di un sistema sociale caratterizzato da comportamenti di natura politica e dall’uso o abuso di potere, i membri di un’organizzazione di lavoro si trovano implicati in diverse dinamiche interpersonali connesse alla gestione del potere e dell’influenza interpersonale; non a caso, infatti, una delle più importanti determinanti dell’efficacia dei leader organizzativi è rappresentata dal successo nell’influenzare i propri colleghi per raggiungere gli obiettivi aziendali (Yukl e Falbe, 1990).
Inizialmente inteso come capacità generale di esercitare l’influenza sugli altri, è stato definito e formalizzato in modo specifico da French e Raven (1959; 1965) attraverso l’individuazione di sei precisi tipi di potere che funzionano come differenti basi di influenza:
- potere di ricompensa, dato dalla possibilità di assegnare premi;
- potere di coercizione, dato dalla possibilità di somministrare punizioni;
- potere di esperienza, dato dal possesso di conoscenze superiori;
- potere di riferimento, basato sull’identificazione di coloro che lo subiscono con l’agente che lo esercita;
- potere legittimo, basato sul diritto di chi lo detiene di esercitare la propria influenza e sul dovere di chi lo subisce di conformarsi alle richieste;
- potere di informazione, basato sulla capacità di presentare materiale razionale e persuasivo.
Alcune delle sei basi iniziali sono state ulteriormente differenziate ed elaborate; in particolare il potere coercitivo e quello di ricompensa si suddividono in forme impersonali (connesse alla minaccia di punizioni ovvero alla promessa di ricompense di natura tangibile, quali promozioni, trasferimenti, etc…) e forme personali (legate alla minaccia di disapprovazione o approvazione personale). Il potere legittimo, invece, si differenzia in quattro categorie:
- legittimità della posizione, incentrata sul diritto di esercitare il potere in base allo status o alla posizione;
- legittimità della reciprocità, fondata sul senso di obbligo, da parte di chi subisce il potere, di restituire favori ottenuti;
- legittimità dell’equità, basata su una norma sociale che impegna a ricompensare sacrifici e sforzi dell’agente di potere ovvero a riparare a danni perpetrati nei suoi confronti;
- legittimità della dipendenza, legata ad una norma sociale di responsabilità che obbliga a dare sostegno a chi ne necessiti.
Negli ambiti di ricerca queste basi sono state poste in relazione con la soddisfazione nei riguardi dei superiori e con la motivazione al lavoro, nonché con diverse conseguenze organizzative quali, per esempio, le prestazioni e lo stress. Le performance, i pensieri e le emozioni dei lavoratori rispetto all’ambiente di lavoro sono infatti influenzate dal fit (o interazione) tra orientamenti, inclinazioni ed uso del potere da parte del leader e richieste del contesto. Soprattutto la produttività di un gruppo di lavoro (così come la sua soddisfazione) è una funzione dell’interazione tra orientamenti del leader e grado di controllo situazionale (tipo di relazioni interpersonali fra leader e membri del gruppo, struttura del compito e posizione di potere del leader).
Nelle organizzazioni, però, “tutti sono influenzati da tutti”, con poco riguardo per il ruolo lavorativo. Le persone cercano vantaggi, informazioni, soddisfacenti prestazioni lavorative, opportunità di fare meglio degli altri, cooperazione; esiste infatti una minima differenza nella frequenza con la quale le persone provano ad influenzare i loro capi, colleghi o subordinati, date tutte queste varie ragioni per provare ad influenzare gli altri.
Recentemente stanno emergendo studi che propongono un rapporto tra emozioni e potere. L’idea centrale è che, all’interno delle organizzazioni, le emozioni vengano rappresentate a favore di un pubblico (capi, collaboratori, colleghi, clienti, concorrenti) che di volta in volta si tende ad influenzare, stupire, spaventare. In tal senso, l’esibizione di gioia, paura, noia, ansia, imbarazzo, viene utilizzata per sostenere, o destabilizzare, il potere e dunque l’ordine organizzativo.
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