I vissuti emotivo-affettivi della separazione coniugale
Nella nostra società la separazione ed il divorzio rappresentano una realtà per un numero sempre più rilevante di persone. Non possono, dunque, essere considerati come una “patologia sociale”. La rottura della coppia costituisce una fase tra le più stressanti e delicate della storia di una famiglia, forse anche perché nella nostra cultura la separazione ha ancora i connotati di una “tragedia” i cui effetti si ripercuotono su tutto l’ambiente che circonda i coniugi. In realtà oggi la separazione non si configura più tanto come semplice evento conclusivo di una relazione affettiva, quanto piuttosto come un passaggio verso la riorganizzazione delle relazioni familiari e quindi come evento complesso da elaborare ed affrontare. Alla famiglia è unanimemente riconosciuta una posizione privilegiata nell’influenzare lo sviluppo dell’individuo e della società nella quale è inserito, poiché rappresenta l’elemento-ponte tra il singolo e la collettività, mediandone i rapporti e conferendo stabilità e regolamentazione all’intera organizzazione sociale. Ma oggi in che senso e verso quali forme stanno mutando le relazioni sociali ed affettive tra i suoi componenti?
Dal punto di vista psicologico, il matrimonio, o comunque l’unione more uxorio tra due persone, rappresenta una nuova fase nel ciclo evolutivo dell’individuo e comporta nuovi compiti di sviluppo. Tale nuova fase è finalizzata a rendere possibile ai due partner la costruzione di un rapporto coniugale senza troppe interferenze esterne. La capacità di avviare e rendere durevole un rapporto affettivo sembrerebbe, perciò, legata al grado di differenziazione e di individuazione raggiunto da entrambi i partner, nonché al modo in cui hanno affrontato e risolto le esperienze di attaccamento e separazione del loro percorso di sviluppo individuale. Come sostiene Andolfi, non ci può essere unione soddisfacente se ognuno dei partner non è capace di individuare e differenziare il proprio spazio psicologico. In ambito psico-sociale, tanti elementi concorrono a strutturare il sistema di relazioni tipico di ogni coppia o famiglia ed il suo ciclo di vita, ovvero quel succedersi di fasi evolutive che sono generate e contraddistinte da eventi molto significativi all’interno della coppia/famiglia. Situazioni interne ed esterne, prevedibili o impreviste, minacciano di continuo la stabilità delle coppie e delle famiglie, costringendole ad adattarsi e ristrutturarsi per rimanere integre; se le situazioni difficili o problematiche non vengono affrontate subito nel modo giusto, possono portare i partner a sedimentare modalità relazionali conflittuali manifeste o latenti, foriere di un malessere di coppia che si trasforma poi in una vera e propria crisi coniugale. In ambito psicologico sono stati proposti diversi modelli che descrivono le fasi del processo di separazione e divorzio: il non superamento di uno di questi stadi, che implica la rielaborazione dei cambiamenti psicoaffettivi necessari a livello individuale, interpersonale e con il contesto esterno, può portare ad una situazione di malessere psicologico. Tale malessere può manifestarsi in una cronicizzazione del conflitto, attraverso cui uno o entrambi gli ex coniugi cercano di perpetrare il legame nel tempo, seppure in modo disfunzionale (legame disperante).
Dal punto di vista psicologico, la separazione ed il divorzio non sono eventi isolati, ma processi che implicano un cambiamento delle relazioni familiari sul piano coniugale, su quello genitoriale e su quello che riguarda l’ambiente esterno alla coppia. La ricerca empirica ha infatti sottolineato l’importanza di determinate variabili relazionali che, più di altre, sembrano influire sul funzionamento personale e familiare dei nuclei separati, e che si riferiscono sostanzialmente a tre assi relazionali: quello coniugale, quello genitoriale e quello di rete, con particolare riferimento alla parentela. Rispetto all’asse coniugale, Scabini ha individuato i compiti di sviluppo che la coppia che si separa è chiamata ad assolvere:
- attuare il divorzio psichico elaborando il fallimento coniugale;
- impegnarsi in una gestione cooperativa del conflitto coniugale;
- ridefinire i confini coniugali e familiari.
Il tipo di legame, il conflitto e la cooperazione fra ex coniugi emergono dunque come variabili cruciali per la comprensione del funzionamento coniugale della separazione. Le situazioni di maggior rischio per i figli sono infatti riferibili a quelle famiglie in cui gli ex coniugi presentano un alto livello di escalation del conflitto, in cui cioè si accentua il coinvolgimento emotivo delle parti e, contemporaneamente, un’alta ambiguità del loro legame reciproco, indicatore quest’ultimo di una non avvenuta separazione psichica. I problemi di fondo non sono l’emergere ed il manifestarsi del conflitto, quanto piuttosto le forme che tale manifestazione assume: si può infatti trattare di forme distruttive, violente, oppure di forme più costruttive e comunicative che possono servire allo sviluppo positivo dei rapporti interpersonali. Insomma, ciò che è interessante valutare é la tendenza della coppia a favorire percorsi del conflitto di tipo costruttivo o distruttivo, in base alla prevalenza nella relazione di strategie collaborative o competitive.
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